Fool’s Assassin
giovedì, agosto 28th, 2014Prima o poi, a mente fredda, aggiornerò la mia recensione su GoodReads, in inglese.
Anche se il ritmo è lento e, obiettivamente, succede poco, Robin Hobb è sempre un piacere da leggere. Anche se mi ripete per la quarta volta di che colore è la livrea della servitù, lo leggo.
L’unica nota davvero stridente, per me, è stata la caratterizzazione di qualche personaggio. I nuovi sono poco memorabili, alcuni quasi delle macchiette che, spero, avranno modo di crescere in futuro. Altrimenti davvero non saprei che utilità dovrebbero avere nella trama. Revel, Riddle e Perseverance sono, per ora, i migliori. Chade ha perso un po’ di smalto, ma lo trovo anche giusto. Patience e Kettricken, sempre fantastiche.
Il nuovo punto di vista potrebbe essere interessante se non fosse così petulante. Molto belle però le descrizioni oniriche e profetiche.
Leggere la voce di Fitz è come tornare a sentire un vecchio amico, però in questo libro mi è sembrata davvero incredibile la sua mancanza d’acume. Un tonto, per farla breve. Voler essere Tom non dovrebbe comportare anche la perdita d’intelletto.
Per incontrare di nuovo Fool, ed è in quel momento che la storia prende davvero il via, bisogna attendere le ultime 100 pagine. Come Nighteyes, però, viene ricordato e compare in modo indiretto più volte. A dire il vero ho ancora qualche dubbio sulle condizioni in cui è ritornato, come espediente è già stato usato e non mi piace, ma ci sarà tempo per valutare come la Hobb gestirà la situazione.
La rivelazione finale è quanto di più scontato possibile, e anche i nuovi risvolti sui White Ones erano piuttosto prevedibili. Il libro si chiude su un tremendo “cliffhanger” però, a differenza di altri nelle trilogie della Hobb.
È un bel libro, anche se per ora si regge più sul sentimento di nostalgia dei vecchi lettori, che si limita a fornire l’ambientazione e gli spunti per la storia che si svilupperà nei prossimi. Poco Fool, poco Assassin, ma la trama promette bene.
Aggiungo qualche riflessione sulla trama.
Un’altra morte prevista era quella di Patience, personaggio che rimane fenomenale fino alla fine. Molto toccante il ricordo dei suoi ultimi attimi.
Revel era di certo uno dei migliori per caratterizzazione, purtroppo è un’altra delle vittime memorabili.
Una delle nuove entrate, Lant, mi ha lasciato molto perplessa. Dall’introduzione sembrava un personaggio importante ai fini della trama e con una sicura evoluzione. Invece, come Shun, compie una devoluzione ed entrambi diventano macchiette. Non credo Lant sia morto, però, altrimenti non avrebbe davvero senso come personaggio.
Il piccolo stalliere è di gran lunga l’aggiunta che più colpisce, potrebbe facilmente occupare un ruolo da protagonista nel seguito.
Per quel che riguarda Fitz, sono combattuta. Ha rari sprazzi in cui si ricorda di non essere Tom, per la maggior parte del libro è… ottuso, più del solito. Inutile girarci attorno. Tralasciamo come si comporta quando arriva il primo messaggero. Sarà una costante nel romanzo, Fitz viene distratto e assorbito da banali attività della casa. Di cui poco si interessa, ripete sempre quanto poco ne capisca, ma tuttavia dedica loro totale attenzione facendosi distrarre da problemi ben più importanti. Quando riceve il messaggio, però, non riesco a credere che non capisca chi è la persona che Fool sta disperatamente cercando di proteggere. Di certo, a questo punto, lui che più di tutti conosce i White Ones, dovrebbe iniziare a intuire una relazione. Di certo, dovrebbe aver capito che la sua bambina, per quanto la ami, non sia normale. Di certo, se tua figlia racconta strani sogni che trascrive, va in trance e parla di uomini bianchi, il dubbio dovrebbe sorgere. Persino Chade avrebbe azzardato una connessione, ma Fitz non ci pensa neanche. La messaggera aveva anche riferito che Fool stava cercando a son but not really his son (suo figlio ma non proprio suo figlio). Ora, non voglio neanche immaginare come, in modo indiretto, Molly abbia concepito il figlio di Fool, è un’idea che mi disturba anche. In ogni caso, la questione del figlio è un mistero anche per Fool. In ogni caso, anche se Fitz è sconvolto, se Fool ti dice che ha trovato suo figlio e un attimo prima aveva in braccio tua figlia Bee… Fitz, per favore, svegliati.
Tutto riporta, di nuovo, a Fool. Le pagine in cui alla fine compare sono toccanti. Molto poetiche quelle in cui spiega a Bee come seguire i fili del destino e alterarlo. Il suo incontro con Fitz è la Hobb che ci ricorda quello che sa scrivere meglio: torturare il suo protagonista e il lettore. Ecco, appunto, tortura. Sono un po’ delusa che di nuovo si ricorra a questo espediente. Sarà a terza volta che Fool viene torturato. Ne risente anche la sua caratterizzazione, è un personaggio diverso sotto molti aspetti, ma considerato quello che ha passato direi che è giustificato. Si intravede anche il vecchio Fool, soprattutto con Kettricken, quindi ci sono speranze. Ammesso che la Hobb non decida di darci il colpo di grazia. Perché il libro si chiude con molti interrogativi, non sappiamo neanche se sopravviverà.
Il colpo di scena era telefonato fin dall’inizio, ma erano anche prevedibili le rivelazioni sui White Ones. Da sempre avevo un po’ il dubbio sui profeti, e qui viene confermato che in effetti Fool poteva anche farsi un pochino di fatti suoi. Ma come non adorarlo, comunque. Pilkrop è sospetto, nulla di più facile che sia stato lui a tradire Fool per poi sparire. Il nostro ingenuo pensa sia scappato per salvarsi, chissà.
Le premesse sono buone, sono curiosa di esplorare i White Ones e la loro cultura. Mi interesserebbe anche sapere se i draghi avranno un ruolo nella trama, visto che sono state proprio le imprese di Fitz e Fool a salvarli. Per ora sappiamo solo che li hanno intravisti a fare uno spuntino anche nel territorio dei ducati.